La menzione Vulture indica convenzionalmente una sub-area storico-geografica del Melfese (in Basilicata, provincia di Potenza) che si sviluppa alle pendici dell’omonimo Monte, un vulcano non più attivo da diverse epoche.
La vetta (1326 metri sul livello del mare) domina un ampio territorio di media e alta collina collocato all’estremità settentrionale della regione, all’intersezione del confine tra la Puglia e la Campania, segnato dal fiume Ofanto. É una posizione isolata ed esterna rispetto agli altri complessi tirrenici coevi: non è tecnicamente un vulcano spento, in quanto fenomeni secondari si sono verificati anche in epoca contemporanea, fino alla prima metà dell’800.
Il Vulture è uno stratovulcano, originatosi nel pleistocene per fessurazione tra gli 800mila e i 650mila anni fa. Con l’innalzamento del suolo a causa del riempimento della camera magmatica si verranno a formare tre bacini situatisi a Venosa, Melfi e il più grande ad Atella. Con il tempo i prodotti delle continue eruzioni si sedimenteranno nei bacini, facendo tracimare le acque nella valle dell’Ofanto. L’ultima grande eruzione di tipo esplosivo risale a circa 140mila anni fa con la formazione della grande caldera odierna di forma circolare che al suo interno oggi ospita i due laghi di Monticchio.
I versanti dell’edificio vulcanico degradano ad ovest verso l’Ofanto e l’Alta Irpinia e ad est verso la piana pugliese, originando rilievi deformi e diffusi. Ricoperti da una lussureggiante vegetazione, favorita dall’elevata fertilità dei terreni lavici, creano condizioni ideali per le attività agricole, viticoltura ed olivicoltura in primis.
Vocazione ulteriormente rafforzata da rilevante disponibilità idrica: numerosi corsi d’acqua e bacini lacustri, tra cui due laghi di Monticchio (ubicati a circa 600 metri sul livello del mare, là dove sorgeva il principale cratere durante la sua fase finale di attività).
Proprio la straordinaria ricchezza mineraria delle falde conferisce alle acque del Vulture una naturale effervescenza e un inconfondibile carattere acidulo. Incoraggiando lo sviluppo di floride industrie d’imbottigliamento, alcune delle quali appartenenti oggi ad importanti multinazionali, le cui produzioni vengono esportate in tutta Italia, e non solo.
L’area viticola è tutelata da due Dop distinte ma a conti fatti “sorelle”.
Aglianico del Vulture Superiore Dop-Docg
Aglianico del Vulture Dop-Doc
Istituita nel 1971 (modificata nel 1987, 2010, 2011 e 2014), la Denominazione di Origine Controllata Aglianico del Vulture tutela il vino-vitigno principe della Basilicata nonché uno dei più reputati del Sud peninsulare. Nel 2010 è stata sostanzialmente “sdoppiata” con il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata e Garantita Aglianico del Vulture Superiore (modifiche nel 2011 e 2014).
Le principali differenze tra i due disciplinari di produzione riguardano:
Gli areali di produzione delle due Dop sono invece totalmente sovrapponibili.
Comprendono 15 comuni dislocati tra le pendici del Vulture e le prime propaggini della Piana Pugliese: Acerenza, Atella (escluse le tre isole amministrative di Sant’Ilario, Riparossa e Macchia), Banzi, Barile, Forenza, Genzano di Lucania, Ginestra, Lavello, Maschito, Melfi, Palazzo San Gervasio, Rapolla, Rionero in Vulture, Ripacandida e Venosa.
Si tratta di un ampio territorio che presenta giocoforza una significativa variabilità morfologica. La media montagna, situata a sud-ovest, è rappresentata dalla dorsale del Monte Pierno-Santa Croce (la vetta più alta della zona con i suoi 1.407 metri).
L’area vulcanica vera e propria comprende come detto il Monte Vulture, rilievo a forma conica che si estende per circa 45.000 ettari ed è solcato da una serie di valloni, con il cratere contenente i due laghi di Monticchio ubicato alle pendici ovest.
Le colline argillose sono composte da rilievi dalle forme sfumate e si posizionano tra i 500 e gli 800 metri. É la sezione che fa da snodo tra la media montagna e la cosiddetta Fossa Bradanica, costituita dal largo solco del fiume Bradano, caratterizzato da sedimenti sabbioso-argillosi del periodo Plio-Quaternario.
Nel settore orientale vi è infine un fondovalle alluvionale, che si raccorda gradualmente al fiume Ofanto e al Tavoliere delle Puglie.
Eterogeneità ambientale che si riflette naturalmente nella composizione e nella struttura dei suoli, difficili da schematizzare in una prospettiva di vera e propria “zonazione”. Fatte le dovute precisazioni metodologiche, possiamo comunque distinguere quantomeno due macro-blocchi che presentano interessanti punti di contatto sul piano geologico.
Data la natura montuosa e la relativa lontananza dal mare, il Vulture presenta un clima temperato-freddo, che varia tuttavia a seconda della latitudine e dell’altitudine, diventando più “continentale” man mano che si procede verso l’interno.
La piovosità media si attesta intorno agli 800-1.000 mm annui: sono precipitazioni irregolari e si concentrano per lo più nelle stagioni autunnali e invernali (spesso a carattere nevoso), con indici pluviometrici sensibilmente più elevati nel quadrante nord occidentale.
Le estati sono piuttosto calde, con rilevanti escursioni termiche nelle settimane che precedono la raccolta dell’aglianico, solitamente effettuata tra la seconda metà di ottobre e la prima decade di novembre.
Proprio l’incredibile varietà delle condizioni pedologiche, geoclimatiche e viticole ha spinto i produttori della zona a dotarsi di un ulteriore strumento normativo, in grado di fornire un secondo livello informativo sull’origine e la localizzazione dei vini provenienti da singole aree circoscritte.
É il sistema delle Indicazioni Geografiche Aggiuntive, recepite dai disciplinari di entrambe le denominazioni (Aglianico del Vulture e Aglianico del Vulture Superiore). Sono al momento 70, solo alcune delle quali vengono regolarmente rivendicate dalle aziende imbottigliatrici.
Tra queste, vale la pena di ricordare per ragioni storiche e produttive:
Gelosia, Giardino, La Solagna del Principe, Le Querce, Macarico, Rotondo, Valle del Titolo (Barile); Serra del Monaco (Ginestra); Cerentino, Serra del Prete, Sterpara (Maschito), Braida, L’Incoronata, Piane dell’Incoronata (Melfi); Piano di Croce, Piano del Cerro (Rapolla); Colonnello, Cugno di Atella (Rionero in Vulture); Caldara, La Balconara, Pian dell’Altare, Piano del Duca (Ripacandida), Notarchirico, Piani di Camera, Piano Regio, Serra del Tesoro (Venosa).
La superficie iscritta all’albo delle Dop si aggira intorno ai 1.200 ettari, circa la metà dei quali collocati nei confini del comune di Venosa. Solo una parte dei vigneti, tuttavia, viene al momento sfruttata per la produzione certificata di Aglianico del Vulture e Aglianico del Vulture Superiore; il totale annuo è infatti stimato tra il milione e il milione e mezzo di bottiglie.
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